Domanda difficilissima: tu, nella vita, quanti campioni hai seguito ed assistito? Noi fratelli abbiamo cercato, cumulando nomi e ricordi, di calcolarne un numero più o meno verosimile, ma il risultato ottenuto, ahinoi,si è avvicinato di più alla radice quadrata di pi greco che ad una cifra plausibile. Ma qualungue sia stata la realtà, nei confronti di questo numero davvero indefinito ed infnito ti sei sempre posto quale umile ma sagace gregario, pronto a “tirare” per tirare fuori, da ognuno, il meglio. Ci viene comungue facile ricordare alcune performance della tua carriera di gregario,e alcuni dei campioni per i quali ti sei posto al servizio, facendo loro sempre il “treno” giusto.

Ricordiamo il campione che ti ha fatto conoscere e capire il legame quasi impossible tra fragilità ed immortalità (Fausto Coppi), e quello che dovevi rimproverare perché non voleva saperne di seguire i tuoi consgli nell’alimentarsi (Gastone Nencini). Ricordiamo il campione al quale hai fatto capire che le stregonerie non pagano (Nino Dfilippis), e quello per il quale dovevi essere più gregario-confessore che gregario-medico (Italo Zilioli)

Ricordiamo il campione per il quale dovevi essere il gregario-…niente (Franco Balmamion), tanto se la cavava benissimo da solo, e quello al quale dovevi sempre arginare la devastante ferocia agonistica (Eddy Merckx).

Ricordiamo il campione gentiluomo la. cui nobiltà d’animo per noi non ebbe eguali (Vittorio Adorni), e quello al quale ti rivolgevi in un linguaggio tutto tuo, che solo tu conoscevi e capivi affinché Iui, fiammingo, si sentsse a proprio agio (Ivo Molenaers)

Ma di campioni ne hai avuti tant altri, ed anche loro, nessuno escluso, li chiamavi per nome. Campioni nella corsia di un ospedale, campioni nella sofferenza, ed anche per loro sei stato gregario generoso e paziente, campioni ai quali hai donato scienza e coscienza senza mai guardare l’orologio o il calendario delle ferie. Campioni soli, anziani, talora disperati, che tu hai aiutato con vastita di competenza medica e rettitudine morale, dispensando loro benessere e salute. E, laddove ciò non era più umanamente possibile, donando almeno parole di conforto che non potevano certo avere effetto terapeutico, ma che almeno cercavano di strozzare nella gola del tuo campione l’ultima bestemmia per trasformarla nell’ultima preghiera. Conforto per quel campione che, col suo fardello di miseria sulle spalle, lasciava quella maledetta corsia per non farci mai più ritorno ma, forse, lo faceva donando al prossimo il suo ultimo disperato ma dignitoso sorrso.

C’è stato poi, nella tua carriera di gregario, un terzo gruppo di campioni, ed almeno per quest ultimo siamo riusciti a calcolame l’esatto numero di componenti: 3.

3 come noi tre frateli, campioni nella tua vita enel tuo cuore. È stato bello avere te come gregario, un gregario alto e con le spalle larghe, che ti taglia l’aria, che tira sempre il giusto rapporto (Hilaire Couvreur). E quando la strada iniziava a salire ed a prendere pendenze importanti tu sempre là davanti a scandire il passo, due denti in più e via sui pedali (Joseph De Schoenmaccker). “Papa é dura”. “Dai pedala, che fra un po’ spiana”, Sapevi bene che non era vero, ma dovevi incoraggiarci ed insegnare ai tuoi piccoli campioni a dimostrarsi davvero tali, a non mollare mai (Germano Barale). Poi lassù, aria rarefatta e pulsazioni a mille, corona grande davanti, rapporto lungo adesso, inizia la discesa. Ed il gregario alè sempre a tirare, a pennellare curve ardite per portarci a fondovalle (Aldo Moser). ‘Adesso il traguardo é vicino ed il gregario deve iniziare ad impostare la grande volata (Mario Scirea). Ecco le transenne, i primi striscioni pubblictari, siamo ai 400 metri, è il momento buono. Giù la catena sull’undici, in piedi sui pedali per l’ultima interminabile apnea, per farti poi da parte ai 150 metri (Giovanni Lombardi). Era quello l’attimo giusto per l’ultima fucilata dei tuoi campioni (Goodwood 1982, Beppe Saronni). Però si sa, per noi campioni ci sono anche momenti di crisi nera. Ti ricordi la scivolata su quel maledetto pavè viscido (Johan Museeuw)? Ed il gregario davanti a tirare per riportarci in gruppo. O quelIa stramaledetta pietra aguzza nella foresta (Arenberg), e tu a passarci la tua ruota anteriore, poi una spinta e via ad inseguire. Ma il grande gregario non deve solo spingere sui pedali, deve saper anche pilotare con saggezza tattica i campioni, proprio come in una folle volata da brivido che non ti puoi permettere assolutamente di perdere (Zolder 2002, Mario Cipollini)

Ti ticordi, per esempio, quando ci dicevi di non rispondere a quell attacco? Di stare tranquil in pancia al gruppo, tanto quella fuga non sarebbe andata da nessuna parte (Davide Cassani)? Salvo poi, al momento giusto, farci risalire in testa al gruppo e, con un piccolo gesto della mano portata vicino allo scarpino (Giro d’talia 1993, Moreno Argentin a Piotr Ugrumov ), farci capire che toccava a noi, che era il momento della rasoiata (Marco Pantani), dello scatto che fa male al plotone, e via di brutto senza mai voltarsi.

Peccato che, proprio alla vigilia dell’ultima recita, sei sceso di bicicletta, senza preavviso.

Forse eri stufo di prenderti l’aria in faccia, di tirare per l’intera tappa per poi lasciare a noi “il maillot”.

Forse eri stanco dei rimbrotti di mamma perché arrivavi sempre a casa con mille escoriazioni, ed allora sei salito per ultima volta in ammiraglia e via da lei, per farti fare l’ennesima medicazione.

Hai lasciato il gruppo senza le luci della ribalta, senza conferenze stampa; ai gregari non si addicono.

Ci hai fatto un bello scherzo papà, e questa volta in fuga ci sei andato tu, da solo, come solo i campionissimi, quale tu in realtà eri, sanno fare.

Adesso tocca a noi tirare, fare il passo, usare il rapportino quando siamo “a tutta” ed il lungo rapporto quando dobbiamo “volare” la foresta, sennò si cade ed allora sono dolori perché ti volti e ..”ma porca vacca, dov’è l’ammiraglia col medico?!” (Pino Favero)

Ma tu, papà, ci hai insegnato a pedalare, ed anche noi adesso abbiamo imparato a darci i giusti cambi, a fare il ventaglio, a spingere I lunghi rapporti, a non andare più in crisi di fame e, anche se sei andato in fuga, stai tranquillo che prima o poi ti veniamo a riprendere. Tu pensi di aver fatto la fuga buona ma noi presto o tardi ti becchiamo, magari ai 200 metri ma ti becchiamo (Gap 1972, Franco Bitossi).

Papà, vorremmo stare qui con te ancora a lungo ma adesso dobbiamo andare, l’antidoping ci sta aspettando. Però, prima di lasciarti, vorremmo terminare questa lettera così come l’abbiamo iniziata, con una domanda ancora.

Hai seguito, assistto, curato milioni di campioni, Per tutti avevi sempre la medicina giusta, la cura perfetta, noi frateli ci siamo sempre chiesti come facessi ad estrarre dal tuo cilindro magico tutti quei toccasana. Ed allora, quando prendevi in mano il tuo ricettario per la prescrizione noi ti abbiamo spesso spiato, per scoprie il segreto, i nomi di quelle tue pozioni magiche,sicuramente frutto della tua eccellenza scientifica senza confini.

Ma tu, a tutti ea fronte di qualsiasi diagnosi prescrivevi, con nostro stupore, solo e sempre la stessa medicina: “Mangia pane e salame e vai in bicicletta”, Perché?

Arrivederci papà.

Mario, Paola e Michele Peracino