Il mio caro nonno Primo Pancaldi venne chiamato così perché era nato il primo dell’anno di un 1912 freddissimo e con tanta neve, tanto che non si sa esattamente se fosse nato proprio quel giorno, perchè pare che sia stato registrato proprio a causa del nevone con qualche giorno di ritardo… ma noi l’abbiamo sempre festeggiato l’uno.

Aveva moltissimi fratelli e sorelle, la mamma Gertrude aveva partorito 18 figli tra cui molti parti gemellari. Il padre Alfredo faceva il birocciaio e tornando a casa dopo la sosta al bar era spesso su di giri e così… molti molti figli. Ricordo solo alcuni nomi di loro, probabilmente quelli sopravvissuti a malattie e guerra: Augusto, Enrico, Gino, Maria, Ada (quest’ultima odiatissima dalla mia nonna Sergia sembra che passasse il tempo a creare zizzania tra i fratelli e le mogli…).

Di questa casa ho pochi ricordi, vivevano tutti in Via della Guardia, sono quelli raccontati dai nonni e da mia madre, non ho conosciuto personalmente la nonna Gertrude, era molto anziana quando sono nata, poi c’era una sorta di mistero, di parole non dette, di pudore da parte del nonno… morale non mi ha mai portato a casa sua.

Il nonno ci teneva a dire che c’era molta confusione e miseria, ma non avevano mai sofferto la fame, anzi, spesso ospitavano vicini, parenti e se a qualcuno mancava olio o farina la porta di casa era sempre aperta.

Raccontava anche che suo padre, visto che non si mettevano d’accordo se mangiare la minestra asciutta che c’era, e un po’ di minestra in brodo, le mise insieme e furono costretti a mangiare quell’orrido pastone perchè non andava sprecato nulla. Ognuno aveva un pezzo di pane che teneva stretto mentre mangiava perché il fratello vicino non glielo prendesse.

Nonostante la miseria teneva moltissimo alla pulizia e ad essere bene vestito, per stirarsi i pantaloni li metteva sotto il materasso così rimanevano piegati.

Il nonno cercava di essere sempre ben vestito, in modo particolare la domenica, giorno di riposo quasi sempre, un momento in cui andava al bar con gli amici, ho delle foto: è con tanto di paglietta e bastone da passeggio… è semplicemente stupendo.

Poi ci fu la guerra e gran parte degli amici scomparve o si perse, emigrati in paesi lontani in cerca di fortuna, il nonno tornò per fortuna… ferito, spaventato. Non raccontava mai niente della Russia, nonostante glielo chiedessi, raccontava solo di una bambina che aveva sfamato perché gli ricordava sua figlia, mia madre.

Ricordo le domeniche mattina; se non lavorava andavamo insieme a comprare le paste per il pranzo in una pasticceria del centro che c’è ancora, è in via Riva Reno dopo l’incrocio con Via Marconi.

Ci stupiva con i suoi acquisti per tutte noi presso la profumeria Piselli in Via Marconi, lui era decoratore ed ha lavorato molto negli anni 60 alla costruzione di quei palazzi ed andava in quel negozio finito il lavoro, non gli importava di essere macchiato di tinta e le commesse lo trattavano in ogni caso con gentilezza, era un uomo educato ed intelligente, riusciva anche se non aveva studiato molto a trovarsi a suo agio in ogni situazione.

Mi è stato vicino molti anni, mi è stato padre, e quando se ne è andato mi ha lasciato nel buio, anche se ero grande, sposata a mia volta, non mi libero di quel senso di solitudine ed impotenza di fronte alle tristezze del mondo.


Lorenza Moretti